Una delle più grandi mistificazioni è (ancora) credere che Marx, siccome difendeva i lavoratori, fosse un strenuo difensore del lavoro salariato. «Col cazzo», disse Madame la Marquise.
«Il lavoro è per sua essenza l'attività non-libera, inumana, asociale; esso è condizionato dalla proprietà privata e la crea a sua volta. L'abolizione della proprietà privata diventa dunque realtà solo quando è concepita come abolizione del lavoro».
[via Palim-Psao]
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A parte, ma non “a parte”. Voglio segnalare un ennesimo post magistrale di Olympe de Gouges. Lo faccio anche per appuntarmi alcune precisazioni di ordine filosofico che mi sono assai preziose.
nel passato c'è stato un momento di generico rifiuto del lavoro (del andare al lavoro) che cercò di assumere caratteri politici ma senza cogliere molto nel segno: la cosa si ridusse a una posa da sottoproletari. Si rimaneva per forza di cose nel cerchio magico denaro-merce-denaro' ma nei bassifondi, e pure compiaciuti.
RispondiEliminasecondo me anche così è detta male: sono i caratteri "astratto e sociale" del lavoro "salariato" (nell' accezione oggettiva e non sindacale) sono al centro della acuminata critica marxiana. le tre determinazioni sono da leggere insieme.
Grazie del commento, davvero prezioso.
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