giovedì 6 gennaio 2022

Epifanie

Ho fatto due passi in campo aperto e, nel tratto più ripido del sentiero segnato da altri passi, altre tracce, comprese quelle di biciclette fuori strada, ho zampettato pure dentro l'acqua della pioggia notturna, non assorbita dal terreno, ciaf ciaf. Intorno, rami spogli debolmente illuminati da raggi timidi, ciuffi d'erba che sbadigliano dopo aver fatto da cuscino a qualche cinghiale, una quercia divelta e sdraiata a corpo morto lungo una scarpata, i pali della luce, un rapace che disegna cerchi sopra me. Lo invito a scendere, ma declina sibilando che, al momento, si trova senza scorta, sicché allarga il cerchio, vira verso ovest e si allontana da me.

Proseguo. Il cane annusa qualcosa in una forra. Si agita, tira: per fortuna siamo in salita: ne approfitto come fossi su una sciovia. Poi si ferma, piscia per l'ennesima volta e io per la mia prima. Abbiamo scopi svuotativi diversi. 

Ogni tanto alberi, cespugli, reti e lontani agriturismi, mi sentono imprecare come Saba. Camini fumano intorno, anziché pipe.


2 commenti:

  1. In campo aperto...

    Il cane mi domanda
    e non rispondo.
    Salta, corre pei campi e mi domanda
    senza parlare
    e i suoi occhi
    sono due richieste umide, due fiamme
    liquide che interrogano
    e io non rispondo,
    non rispondo perche'
    non so, non posso dir nulla.

    In campo aperto andiamo
    uomo e cane.

    Brillano le foglie come
    se qualcuno
    le avesse baciate
    a una a una,
    sorgono dal suolo
    tutte le arance
    a collocare
    piccoli planetari
    su alberi rotondi
    come la notte, e verdi,
    e noi, uomo e cane, andiamo
    a fiutare il mondo, a scuotere il trifoglio,
    nella campagna cilena,
    fra le limpide dita di settembre.

    Il cane si ferma,
    insegue le api,
    salta l'acqua trepida,
    ascolta lontanissimi
    latrati,
    orina sopra un sasso,
    e mi porta la punta del suo muso,
    a me, come un regalo.
    È la sua freschezza affettuosa,
    la comunicazione del suo affetto,
    e proprio li' mi chiese
    con i suoi due occhi,
    perche' e' giorno, perche' verra' la notte,
    perche' la primavera
    non porto' nella sua canestra
    nulla
    per i cani randagi,
    tranne inutili fiori,
    fiori, fiori e fiori.
    E cosi' m'interroga
    il cane
    e io non rispondo.

    Andiamo
    uomo e cane uniti
    dal mattino verde,
    dall'incitante solitudine vuota nella quale solo noi
    esistiamo,
    questa unita' fra cane con rugiada
    e il poeta del bosco,
    perche' non esiste l'uccello nascosto,
    ne' il fiore segreto,
    ma solo trilli e profumi
    per i due compagni:
    un mondo inumidito
    dalle distillazioni della notte,
    una galleria verde e poi
    un gran prato,
    una raffica di vento aranciato,
    il sussurro delle radici,
    la vita che procede,
    e l'antica amicizia,
    la felicita'
    d'essere cane e d'essere uomo
    trasformata
    in un solo animale
    che cammina muovendo
    sei zampe
    e una coda
    con rugiada.

    Pablo Neruda - Ode al cane

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  2. grazie di cuore.

    L'avevo letta ma non la ricordavo e ritrovarla qui e vedere assonanza con i miei passi odierni mi fa molto, molto bene, alle reni, a tutto.

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