Via delle ruote, sono scalzo:
cammino sulle punte di questo
marzo australiano.
Incontro un tulipano,
mi fa una mezza voce, salto
un tombino, un motorino
in terra, saluto il Fortini
muratore reduce da una sporca
guerra, entro in un ristorante
vegetariano, piglio un cous-cous
marocchino e Parmenide
mi dice: "Vieni, ti rivelo il Nous".
L'ombra mia, anch'essa scalza,
domanda documenti alla questura.
D'un tratto, la paura
di perdere il sicuro, l'acquisito,
il benestare incipiente di piccolo borghese
senza pretese, né pronunciamenti.
Scricchiolo i denti dal terrore,
m'accosto alle mura, terribile rumore:
ah, è solo il rombo d'una spazzatrice!
Rilascio i denti a Berenice.
(Confesso: le fila d'un discorso
cominciato camminando
mi s'intrecciano in varie subordinate
divagatorie e perdo il senso
di un parlare che cerca di congiungere
presenza a presenza e cosa dico
non so bene. Bene so solo che
ti vorrei qui, a camminarmi)
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