«Certo, conoscevo le mie debolezze, e me ne pentivo. Continuavo però a dimenticarmene con meritoria ostinazione. [...] Capisco, la cosa urta. Forse pensa che non sia logico? Il problema è di scivolar via, e soprattutto, oh! sì, soprattutto evitare il giudizio. Non dico evitare il castigo. Il castigo senza giudizio è sopportabile, e d'altronde ha un nome che garantisce la nostra innocenza: sventura. No, si tratta invece di sfuggire al giudizio, di evitare d'esser sempre giudicati, senza che mai venga pronunziata la sentenza. [...] Siccome sfuggirvi è difficile, mentre riuscire a far ammirare e insieme scusare la propria natura è buona creanza, cercano tutti di essere ricchi. Perché? Se lo è mai chiesto? Per essere potenti, certo. Ma soprattutto perché la ricchezza sottrae al giudizio immediato, ti libera dalla folla della metropolitana per chiuderti in una carrozzeria nichelata, isola in vasti parchi ben custoditi, caro amico, non è ancora l'assoluzione, è la condizionale, che fa sempre comodo».
Albert Camus, La caduta, Bompiani, Milano 1958
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