«I fatti sono chiari: le guerre occidentali sono appoggiate dal Dio cristiano, e alla sua chiamata alle armi non ci possiamo sottrarre perché siamo tutti cristiani, indipendentemente dalla fede che seguiamo, dalla chiesa che frequentiamo o anche dalla nostra professione di ateismo. Puoi essere ebreo oppure musulmano, puoi rivolgerti al tuo dio con i riti della Santeria, puoi fare parte della Wicca, ma se vivi nel mondo occidentale, psicologicamente sei cristiano, marchiato indelebilmente con il segno della croce nel cuore e nella mente e in ogni fibra del corpo. Il cristianesimo è dappertutto, nelle parole che usiamo, nelle bestemmie che pronunciamo, nelle rimozioni che rafforziamo, nello stordimento che cerchiamo, nella eredità di assassini religiosi della nostra storia: l'assassinio degli ebrei, l'assassinio dei cattolici, l'assassinio dei protestanti, dei mormoni, degli eretici, dei dissidenti, dei liberi pensatori... Se pensi che la tua anima personale sia distinta dal mondo esterno e che consapevolezza e coscienza morale siano localizzate in quell'anima (e non nel mondo esterno) e che perfino il gene egoista sia individualizzato nella tua persona, allora, psicologicamente, sei cristiano. Se la tua prima reazione a un sogno, a una notizia, a un'idea è di operare immediatamente una divisione tra bene e male morali, allora, psicologicamente, sei cristiano. Se associ il peccato alla carne e ai suoi impulsi, ancora una volta, psicologicamente, sei cristiano. Se noti quando un presentimento si realizza, se prendi le sviste come segnali e credi nei sogni, ma poi ti affretti a liquidare queste intuizioni come "superstizione", sei cristiano, perché quella religione mette al bando ogni forma di comunicazione con l'invisibile che non sia Gesù. Quando volti le spalle ai libri e allo studio, per cercare nei tuoi sentimenti intimi risposte semplici a problemi complessi, sei cristiano, perché il cristianesimo dice che il Regno di Dio e la voce del suo vero Verbo sono nell'interiorità. Se la tua teoria psicologica designa certi stati dell'anima con espressioni come ambivalenza, io debole, scissione, crollo, confini incerti, e ne ha paura considerandoli malattie, allora sei cristiano, perché quei concetti esprimono l'adesione a un'autorità centrale, unica e potente. Se pensi che i dati apparentemente casuali della storia abbiano una finalità, segnino in qualche modo un'evoluzione, e che la speranza sia una virtù e non un'illusione, allora sei cristiano. E sei cristiano quando credi che alla fine del tunnel delle umane disgrazie ci attenda la risurrezione della luce invece che la tragedia irrimediabile o il caso o la sfortuna. E, in particolare, sei un cristiano americano quando idealizzi una tabula rasa di innocenza infantile come se fosse la condizione più vicina a Dio. Non possiamo eludere duemila anni di storia, perché noi siamo la storia incarnata, ciascuno di noi è stato gettato sulle spiagge occidentali dello hic et nunc dalle mareggiate di tanto tempo fa.
Possiamo disconoscere la presa del cristianesimo sulla nostra psiche, ma che altro è l'inconscio collettivo se non gli schemi emotivi inveterati e i pensieri non pensati che ci riempiono di pregiudizi che ci piace chiamare scelte? Siamo cristiani fino al midollo. Nelle nostre distinzioni si nasconde san Tommaso, alle nostre buone azioni presiede san Francesco, e migliaia di missionari protestanti di ogni setta immaginabile concorrono nel darci l'innata certezza di essere superiori a tutti e capaci di aiutare gli altri a vedere la luce».
James Hillman, Un terribile amore per la guerra, Adelphi, Milano 2005 (pag. 231-232)
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