martedì 25 agosto 2009
La poesia è un farmaco
Matt Mullican, City as a Map (of Ideas), 2003 - 2008 (Detail). Photo: Jens Rathmann.
Tu pensi poesia potere qualcosa
mòvere movimentare operare
costruire ponti e acquedotti?
Povera poesia privata che
non riesce più a prendere a schiaffi
il reale, la cosa con dentro la vita.
Poesia che sfugge al presente
ché d'esso ha vergogna si sente
e cerca clivi ad oriente
impossibili nuove Cindie.
Il poeta poetante scrupoloso si fa e si sfa
timidamente apre la bocca e suono non esce
il grido si strozza, la rabbia s'ingozza
e i propri versi si vomita in faccia.
Il popolo scarso di niente s'accorge:
la poesia più non esiste nessuno la canta
e il domani presenta abitudini spente.
La poesia non è più un farmaco
non scava più impronte nel corpo
affaticato d'uomo che rincasa privo
di poesia di amore e di grazia graziella e grazie
dottore la prego mi curi: «Prenda
tre Pasolini al giorno prima dei pasti
in versi sciolti mi raccomando, e uno Zanzotto
prima di coricarsi, sublinguale», ma la cura
non basta, non fa scattare la rivoluzione.
L'unico destino farmacologico della poesia
è l'effetto purgante, liberatorio di un corpo
bloccato dalla stupidità dilagante.
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