Mi spiego: come Michele Serra oggi nella sua Amaca (La Repubblica, 1 maggio 2010) parla di un “vuoto di neuroni” tutte le volte che, annualmente, il premio Strega torna d'attualità con le sue complicate manfrine, così anch'io, a volte, ho una sorta di mancanza di pensiero, non solo sull'effimero¹ premio letterario, ma su tutta la realtà in blocco. Vale a dire: non ho niente da dire, da pensare (e qui ci sarebbe molto da dire sul nesso tra pensiero e voce – scritta o detta non ha importanza); cosicché lo sforzo del postare sul blog – dolce sforzo, sia chiaro – o autodisciplina del pensiero che quotidianamente m'impongo diventa immane. Mi capita insomma, come alla maggior parte degli umani in fondo, di non sapere cosa dire su tale o tal'altro evento. Restare zitti sarebbe, forse, la cosa più conveniente, soprattutto quando la stanchezza serale mescolata ai propri scazzi impedisce persino di ascoltare (leggere) la voce degli altri che, come me, cercano di sopravvivere e di sopraesistere nel mare magno delle informazioni.
¹ma mica tanto “effimero” per chi lo vince e chi lo organizza!
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