Questi sono i fatti osservati: è un bene o un male? A ognuno il suo giudizio. L'agnostico li deplora, il credente e l'inquieto se ne felicitano. Rimane da spiegare queste persistenze e risorgenze – sia che si approvi o che si disapprovi tale (vana) ricerca.
Le inchieste empiriche concordano, pare, su un punto: degli uomini in qualche posto riuniti e tenuti insieme da un calendario non possono non sentirsi infedeli a una promessa, inferiori a un precursore, devianti da una linea dritta (Libro sacro e fondatore, progetto o giuramento di fede). Nel caso dei francesi: «Figlia primogenita della Chiesa, sei tu fedele alle promesse del tuo battesimo?» o ancora: «Figlia primogenita della Rivoluzione, sei tu fedele ai principi del 1989?». Di questo difetto da rimediare, di questo debito mai estinto, il cristiano ne dà una traduzione morale, in termini di colpa e peccato. Ma da dove viene questo sentimento universale di deficienza, e che si abbia, a ogni ripresa, bisogno di un più per fare un noi? E perché questo noi, sia esso in India o negli Stati Uniti o in Iran, qui o altrove, ci oppone sempre a un loro? [...] Conoscete una nazione che non si sia inventata un suo eroe fondatore? Una paese che non abbia suo luogo sacro? Una Carta dei diritti che non comincia con un'invocazione? Una terra abitata senza una stella nel suo firmamento?
I nostri diversi oggetti di superstizione non saprebbero più a lungo nasconderci ciò che muove l'umile ossequioso a piazzare sempre il suo infra sotto l'egida di un super. D'altronde, quale interesse avrebbe presentato per noi un Misericordioso se fosse stato soltanto un narcisista e un presuntuoso? Se il Creatore «dai più bei nomi» attacca bottone con le sue creature, è a questo "cuore a cuore" che si deve domandar ragione, è lui il sole nero dei miraggi collettivi, che ci spinge in avanti da un disastro all'altro, e se la notte è lunga è perché il giorno [Egli] è qui con noi. Non c'è crepuscolo mitologico che non annunci un'aurora. La morte e la trasfigurazione di un taumaturgo incompreso (senza contare i profeti con un più debole raggio di azione quali Mustafa Kemal Atatürk o George Washington) non avrebbero potuto irradiarsi così lontano e per così tanto tempo se esse non avessero preso il posto di una lunga serie, su un canovaccio ben collaudato [...] L'aderente non ha mai lesinato. Se egli non crede più a Dio che delle sue mutande, converrete che [l'adesione] sarà rivolta a Lenin o al Führer, o al Dalai Lama, o a Lacan, o al proletariato, o al proprio oroscopo, o alla Repubblica, o a Sion, a Mao, alll'Umma, a Zidane, alla Nike o alla Disney, perfino di nuovo al Cielo, e la lista degli autori benedetti non è certo chiusa.
Régis Débray, Le Feu sacré, Fayard, Paris 2003 (pag. 15-16, trad. mia)
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