domenica 8 maggio 2011

Come cambiare il mondo?

Sempre che si abbia voglia di cambiarlo.
«È un'ironia della storia di questo strano secolo che il risultato più duraturo della Rivoluzione d'Ottobre, il cui obiettivo era il rovesciamento del capitalismo su scala planetaria, sia stato quello di salvare i propri nemici sia nella guerra, con la vittoria militare sulle armate hitleriane, sia nella pace procurando al capitalismo dopo la Seconda guerra mondiale l'incentivo e la paura che lo portarono ad autoriformarsi». Eric Hobsbawm, Il secolo breve.
Allarghiamo questo pensiero. Domandiamo: il capitalismo è il destino finale dell'umanità, il sistema economico definitivo? Non avrà, esso, più competitori sulla scena del dominio? 
Riflettiamo. Dopo la fine del comunismo e la cazzata della fine della storia teorizzata da alcuni fini storici, il sistema capitalistico occidentale ha dovuto combattere - sta combattendo un paio di guerre: una contro se stesso, contro le storture del sistema finanziario che hanno portato alla recente crisi economica planetaria; l'altra guerra contro il cosiddetto fondamentalismo terzomondista a matrice religiosa teorizzato dai talebani e dai teocrati iraniani. Dopo una decina (più o meno) di anni di combattimenti, l'uccisione di Osama bin Laden sembra (dico sembra) l'equivalente della caduta del muro di Berlino, successivamente alla quale crollarono via via tutti i regimi del Patto di Varsavia. Speriamo che sia così anche per il mondo arabo, cioè che, dopo la morte dell'uomo-simbolo del terrorismo fondamentalista, prosegua a soffiare con maggior forza - a cominciare dall'Iran - quel vento "rivoluzionario" che ha colpito, per ora, Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Bahrein e Siria. Tuttavia: una volta che anche il mondo arabo, e via via il resto del mondo, si poggerà su delle più o meno solide basi democratiche liberali, e il libero mercato capitalistico sarà la regola, cosa succederà all'umanità? Starà complessivamente meglio? E se sì, in che misura? Saprà il sistema capitalistico unificato garantire quel minimo comune benessere alla portata di (quasi) tutti gli occidentali? Ci sarà lavoro per tutti? O meglio: il lavoro, il profitto, la ricchezza, la crescita, sarà sufficiente a dare pane, sesso e pensiero agli abitanti del pianeta? Quando il capitalismo non avrà più nemici che lo costringeranno, se d'uopo, ad autoriformarsi, sarà capace di sopravvivere a se stesso? Si saprà autoregolamentare? Riuscirà a capire che esistono dei limiti alle differenze? E che la libertà senza l'uguaglianza, senza la fraternità è un guscio vuoto?
Chissà, forse il capitalismo sì, potrebbe riuscirci. Difficile ci riesca l'uomo, soprattutto gli uomini che hanno, che hanno, che hanno, che hanno, che hanno, che hanno...

*Ho preso la citazione da Hobsbawm dalla recensione che Andrea Romano scrive, sulle pagine della Domenica del Sole24Ore di oggi, riguardo all'ultimo libro dello storico inglese, How To Change The World, in uscita tra poco in Italia presso Rizzoli.

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/05/e-possibile-nemmeno-per-necessita.html

ciao