domenica 13 dicembre 2015

Banco d'amore

Lei era bella, io meno: eravamo una bella coppia a metà.
Io l'amavo, lei non so, eravamo sempre sull'incerto. Accettava il mio amore perché si sentiva lusingata, dato che io sapevo amare bene, era il mio mestiere preferito. Lo facevo a ore, infatti, e faticavo d'amore così tanto che non vedevo l'ora di finire la giornata. Andavo a letto esausto e scornato: sprecavo così tanto amore senza esserne del tutto ripagato. Ogni orgasmo era come uno stipendio: subito speso. Non mettevo niente da parte. Seppi in seguito che ciò fu una fortuna, potevo correre il rischio di investire l'amore in un'obbligazione subordinata.
Poi lei andò via e non volle più vedermi: il mio amore era licenziato. Lo iscrissi subito nelle liste di disoccupazione, in cerca di una nuova prenditrice. Una forza d'amore non impiegata non può sussistere. Infatti, di lì a poco, mi ritrovai tutto l'amore sul groppone – e non solo sul groppone – a gravare il mio conto esistenziale.

Decisi di entrare in una filiale della Banca dell'Etruria per vedere se e come potevo risolvere la questione. Ebbi la fortuna che la direttrice aveva uno chignon alto dello stesso tipo che portava la mia ex prenditrice. Le sorrisi guardandola negli occhi. Non bastò. Capii che le mie riserve d'amore non potevano essere depositate. Dovetti accendere un mutuo per vederla sorridere. Io, per contro, mi misi a piangere, più tardi, una volta che compresi che cosa era il taeg.