lunedì 3 gennaio 2022

Kafkianità

« Ci sono, nella storia moderna, delle tendenze che producono kafkianità sul vasto piano sociale: la progressiva concentrazione del potere che tende a divinizzare se stesso; la burocratizzazione dell'attività sociale che trasforma tutte le istituzioni in labirinti interminabili; la conseguente spersonalizzazione dell'individuo. »

« Se non ci si lascia ingannare da mistificazioni e da leggende, non si trova alcuna traccia significativa degli interessi politici di Franz Kafka; in questo senso, egli si distingueva da tutti i suoi amici praghesi, da Max Brod, da Franz Werfel, da Egon Erwin Kisch, come pure da tutte le avanguardie che, pretendendo di conoscere il senso della Storia, si compiacevano di evocare il volto del futuro. Come mai, allora, non le loro opere, ma quelle del loro solitario compagno, introverso e concentrato sulla propria vita e sulla propria arte, sono oggi leggibili come una profezia sociopolitica, e proprio per questo sono [erano] proibite in una vasta parte del pianeta?
Ho pensato a questo mistero un giorno in cui ero stato testimone di un piccolo episodio in casa di una vecchia amica. Essa era stata arrestata, durante i processi stalinisti di Praga del 1951, e condannata per delitti che non aveva commesso. Centinaia di comunisti, del resto, si sono trovati, a quell'epoca, nella sua stessa situazione. Tutti si erano sempre totalmente identificati con il Partito. Quando questo diventò tutt'a un tratto il loro accusatore, accettarono, al pari di Josef K., «di esaminare tutta la loro vita passata fin nei minimi dettagli» per trovare la colpa nascosta e, alla fine, confessare delitti immaginari. La mia amica riusci a salvarsi perché, grazie al suo straordinario coraggio, si rifiutò, a differenza dei suoi compagni, a differenza del poeta A., di mettersi alla « ricerca della sua colpa». Essendosi rifiutata di aiutare i suoi carnefici, diventò inutilizzabile per lo spettacolo del processo finale. Cosi, invece di essere impiccata, fu solo condannata all'ergastolo. In capo a quindici anni, fu completamente riabilitata e scarcerata.
Al momento del suo arresto, suo figlio aveva un anno. Quando usci di prigione, essa ritrovò dunque il figlio ormai sedicenne, ed ebbe la gioia di vivere con lui in una modesta solitudine a due. Non sorprende che nella madre nascesse un attaccamento appassionato per il figlio. Questi aveva già ventisei anni quando, un giorno, andai a trovarli. La madre stava piangendo, offesa e ferita. Il motivo era quanto mai insignificante: il figlio si era alzato troppo tardi quel mattino, o qualcosa del genere. 
Le dissi: «Perché te la prendi per questa sciocchezza? Ti sembra che valga la pena di piangere? Esageri!» 
Invece della madre, mi rispose il figlio: «No, mia madre non esagera. Mia madre è una donna eccellente e coraggiosa. Ha saputo resistere quando tutti cedevano. Vuole che io diventi un uomo onesto. È vero, mi sono alzato tardi, ma ciò che mia madre mi rimprovera è qualcosa di più profondo. È il mio atteggiamento. Il mio atteggiamento egoista. lo voglio diventare come mi vuole mia madre. E glielo prometto davanti a te».
Quello che il Partito non era mai riuscito a fare con la madre, la madre era riuscita a farlo con il figlio. L'aveva costretto a identificarsi con un'accusa assurda, ad andare a « cercare la sua colpa», a fare una confessione pubblica. Io guardavo, stupefatto, quella scena di miniprocesso stalinista, e all'improvviso capii che i meccanismi psicologici che funzionano all'interno dei grandi avvenimenti storici (e che sembrano incredibili e inumani) sono identici a quelli che determinano le situazioni private (banalissime e umanissime) »

Milan Kundera, L'arte del romanzo, Adelphi, Milano 1986

1 commento:

Anonimo ha detto...

uhm... sembra che male e bene si trasmettano per contatto ravvicinato.

Anzi no, meglio non parlare di male e bene , che chissà che vogliono dire.

Sembra che gli schemi comportamentali si trasmettano per contatto ravvicinato.
E si trasmettono senza ostacoli se manca il processo di riflessione su tali comportamenti.
Ai tempi della tesi le chiamavo: affezioni delle reti neurali .
( che poi son finito a fare ingranaggi di trattori e le reti neurali manco me le ricordo piu')

Ma che lo dico a fare, saranno 5000 anni che le cose vanno cosi'.
Mi preoccupa che allo stato attuale si fa di tutto per evitare la sana riflessione.
Non basta piu' essere consumatori, si deve essere pure consumatori veloci.

Vedremo.