È difficile in ottobre non sentire che qualcosa sta accadendo nella percezione che abbiamo di noi stessi. Basta poco, pochi attimi, una certa luce inconsueta all'orizzonte, una canzone che ti riporta indietro nel tempo, un pensiero di fuga - e sentiamo che dentro noi esiste qualcosa che ci supera e non ci riguarda. Niente di trascendentale, no. È solo la coscienza che si stacca per un attimo dal corpo e si mette a viaggiare avanti e indietro nello spazio-tempo, per sperimentare, essa sola, l'infinito struggimento che provoca la consapevolezza che ogni giorno è un giorno in meno.
E il nostro io reale che guida l'auto o guarda il paesaggio scorrere dal finestrino di un treno sente la reale doppiezza che lo abita, sente che la vita qui e ora non è mai bastante a se stessa, e che anche la felicità vissuta in certi attimi della nostra vita non fa che aumentare la melanconia.
Tutta la veloce sequenza dei ricordi che affiorano alla mente è solo un sunto approssimativo e inesatto delle reali vissutezze. Cogli anni che passano, il ricordo diventa sempre più cibo per la nostra mente. E come il cibo che ingeriamo passa attraverso tutte le fasi della digestione, così anche il ricordo. Solo pochi di essi hanno il privilegio di essere assorbiti dalla coscienza. Molti vengono espulsi, altri s'infilano nell'inconscio e vanno ad appesantire la nostra vita. E la coscienza ottobrina, che si illudeva di riportarci alla mente il sorriso dei nostri io felici, ecco che ci mette davanti agli occhi, invece, le nostre paure, i nostri rimossi, i nostri inconfessabili segreti, i nostri più acuti desideri.
È per questo che il corpo richiama presto a sé coscienza, come la fame chiama il cibo. La vita è solo quella che stiamo vivendo. Facciamo l'appello, rispondiamo se siamo presenti o meno. Spesso, restare irrisolti aiuta a vivere, sempre di avere la coscienza di esserlo.
1 commento:
Beh, per la verità e facendo i debiti scongiuri, ogni giorno non solo è un giorno in meno, ma potrebbe anche essere l'ultimo.
Si vede che sei giovane :D
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