«Oggi
i padroni non possono più, come una volta, ordinare e prelevare a
loro insindacabile gradimento: il tribunale dei bilanci, il fisco, le
banche, la concorrenza, l'organismo e l'attività dell'azienda
richiedono motivi tempi condizioni per presentarsi e spalancare la
cassa della medesima, anche se propria, personale azienda o
industria. Allora i padroni hanno aggirato questi impedimenti con la
creazione e l'istituzione di vari ordini di potere sopra gli organi
del medesimo corpo aziendale: amministratori delegati dirigenti
consulenti assistenti esperti quadri funzionari addetti capi, via via
graduati infeudati remunerati complicizzati in teorie di sostegno, in
corone pendagli lustri che comunque ripetono riflettono spandono la
gloria e l'interesse del padrone. Non è più lui ad assumere denaro
liberamente, nell'unica misura della sua discrezione, quanto l'anima
ossequiosa e votata di tanti vassalli che lo fanno in su a vece. I
padroni più bravi e più colti, autentici capitani alla Medici o
alla Krupp, arrivano addirittura a dotarsi, attraverso questo sistema
di investiture, di veri e propri musei, in ogni campo del sapere e
della cultura. Sono arrivati perfino ad avere qualche poeta e
scrittore, anche di successo, come cantore e cronista e storico,
director della loro immagine personale e aziendale, per una cura
adeguata delle verità e dei tratti più significativi ed esclusivi
della figura, per una codificazione degli stessi nei segni di valori
universali ovunque presenti attesi riveriti, proprio come segni della
civiltà del tempo.»
Paolo
Volponi, Le mosche del capitale,
Einaudi, Torino 1989 (pag 14-15).
In
fondo, se li conti uno ad uno, ti accorgi che molti molti non sono, anzi, sono
pochi, pochissimi; prendi l'India per esempio, come racconta
Arundhati Roy in un lunghissimo articolo tradotto da Internazionale la settimana scorsa («I fantasmi del capitale», non credo ancora reperibile online, purtroppo).
E
viene facile chiedersi: ma come fanno pochi pezzi di merda a tenere
per le palle il pianeta senza che la moltitudine di umani s'incazzi
definitivamente e li getti dentro i vari vulcani sparsi ancora in
attività del mondo?
Perché
tali pochissimi potenti - che a volte poverini sono anche benefattori da
lacrimuccia con le loro fondazioni del cazzo - pagano bene, molto bene, tutta quella serie di «graduati
infeudati» che Volponi sopra definisce benissimo.
È
questa nutrita fila di dipendenti di
alto livello che fa da cuscinetto e impedisce il corpo a corpo tra la
massa dei diseredati e i pochi eredi, confondendo, distraendo,
mescolando e, quando serve, perfino sparando
o infilando sassi nelle vagine di chi protesta:
«Qualche tempo fa Soni Sori, una maestra adivasi del distretto di Bastar, è stata arrestata e torturata dalla polizia. Per spingerla a “confessare” di essere un corriere dei maoisti, le hanno infilato dei sassi nella vagina. Soni Sori è stata ricoverata in un ospedale di Calcutta in seguito allo scalpore scatenato dalla vicenda. A una recente udienza della corte suprema, alcuni attivisti hanno mostrato ai giudici un sacchetto di plastica che conteneva i sassi usati per la tortura. L’unico risultato è che Soni Sori è rimasta in carcere mentre Ankit Garg, l’ufficiale di polizia che l’ha interrogata, ha ricevuto una medaglia al valor militare in occasione della festa della repubblica. »
Non
saprei quantificare quanti siano questi funzionari del potere. Magari
molti di loro non sono nemmeno consapevoli di esserlo – dei
complici, voglio dire*. A mio avviso, una buona azione
“rivoluzionaria” dovrebbe essere quella che li identifica per
quello che sono, cioè i servi zelanti del potere, per fargli perdere
ogni credibilità, di modo che non riescano più confondere con la
loro politica di rigore, con la loro distrazione mediatica e con la loro fottuta idea della differenza**.
NOTE
*A onor del vero, devo aggiungere che, se ne avessi avuti i talenti, è
probabile che, per una manciata di euro sostanziosa, avrei fatto di
buon grado anch'io da scagnozzo o da leccaculo a lor signori. Siccome
non sono mai stato tentato, sul genere dei Responsabili (è il primo
esempio che mi viene in mente), non posso dire che se un Pinault
qualsiasi venisse da me e m'offrisse un contratto da un milione di
euro annui, per fargli da addetto stampa, saprei rifiutare o meno.
**Il tema della differenza richiederebbe debita trattazione a parte che, forse, un giorno affronterò. Ora no, ora ho poco tempo.
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