Una delle cose più apprezzabili dell'avere uno smartphone, è che se fai una foto te la ritrovi dopo poco sul tuo account g+ senza tanti scaricamenti pallosi e inopportuni. Certo, bisogna stare attenti a non metterle tutte in piazza le foto, anche se oramai, che vuoi, la privacy è praticamente sputtanata. Ora, io ho poche preoccupazioni, giacché ho poco da nascondere e poi non mi metto a fotografare cose compromettenti. Abitassi in Sardegna, certo, farei come Zappadu: fotografare u' pelu è sempre interessante, soprattutto quello posticcio.
Ciò detto (quando dico “ciò detto” mi sento tanto Di Pietro), stamani ho fotografato qualcosa che avevo già dimenticato, ed ecco che invece, il suddetto caricamento automatico me l'ha rimembrata:
Mi ha colpito molto il panteismo di Gino Paoli, il quale «nella natura trov[a] tutte le risposte». Sottinteso: nella natura controllata della mia fattoria toscana di Campiglia Marittima.
Sono cose che andrebbero specificate, dacché natura è tutto, anche il tratto autostradale Genova Voltri-Genova Pegli. È chiaro che in questa concezione totalizzante della natura debbano essere individuate delle gradazioni nel grado di antropizzazione dell'ambiente. Ma sono sottigliezze, pulci nell'orecchio e zecche negli aeroplani della Ryan Air (all'Alitalia queste cose non succedono: le zecche - che hanno succhiato il sangue all'erario - si trovano negli uffici della presidenza).
Ma l'elemento principale che mi ha fatto scattare la foto delle pagine di R2 è il riquadro arancione con scritta bianca che riporta un'altra dichiarazione di Gino Paoli:
«Penso che i giovani dovrebbero considerare il lavoro nei campi per dare un senso alla vita».
Ora, è innegabile che il lavoro nei campi possa offrire un senso al proprio vivere, ma va specificato bene che tipo di lavoro: da proprietario che guida i lavori altrui, o da bracciante? Perché, caro Gino Paoli, dobbiamo fare delle distinzioni: un conto è mettersi a fare il contadino a tempo perso come te, De Gregori e Sting (e tanti altri che, legittimamente, investono i propri guadagni comprando aziende agricole e poi si affidano a tecnici agrari e a operai agricoli, appunto, per ricavare olio, ortaggi, vino, frutta, ecc.); e un conto è, invece, farsi il culo tutta la giornata, come tanti giovani - soprattutto nordafricani - si fanno nei campi agricoli di tutta la penisola.
In buona sostanza, io sarei più categorico, ovvero penso che i giovani dovrebbero considerare di espropriare i campi ai grandi proprietari terrieri per ottenere qualcosa di concreto e poi così offrire un senso alla propria vita. Non è vero caro compagno Paoli?
1 commento:
Che pappamolle
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