«Uno
specialista psichiatra – o come si dice – vecchio compagno di
scuola, incontrato per i vialetti, gli promise la guarigione, cinque
sedute bastavano, gratis. […]
Anzitutto
Ugo lo fece sdraiare su un lettuccio e gli si pose dietro. Rilassati,
udiva, e parla. Come rilassarsi però con quello alle spalle. Il
pensiero che gli rovesciasse addosso uno scapaccione, e fra amici è
solito, lo teneva all'erta. Egli guardava in su e apparivano alla
rovescia la barbetta ancor nera e il camice bianco protesi verso di
lui. Rilassati, dici quanto ti viene in mente, sii calmo. Senza
quasi accorgermene dissi che i princìpi non sono punti di partenza
ma di arrivo. Continua, continua Bibi, ci siamo già, faceva la voce.
E io: questa è la mia angoscia, il mistero che sto vivendo, un dove
e un chi imperscrutabili, mistero non solo fuori di me, ma in me:
quando sono cattivo penso che non avrà risposta in eterno. E nei
miei primi anni credevo che tutti gli adulti custodissero chissà
quale segreto da svelarmi poi un giorno; trovai che erano come noi
bambini.»
Antonio
Pizzuto, Signorina Rosina, (1956),
edizione Einaudi, Torino 1978 – pag. 119-120
Pensandoci bene, io non mi ricordo se da bambino pensavo che gli adulti custodissero segreti; l'unica volta che forse l'ho pensato era quando, in rare occasioni, e per colpa degli spazi, gli adulti ci facevano mangiare noi bambini in una stanza separata, e in anticipo rispetto a loro. Ebbene io mi ricordo che questo fatto mi dava fastidio, era come se loro si riservassero chissà quale tipo di convivialità che mi escludeva. In effetti, avrei preferito che a me fosse stato concesso il privilegio di sedere accanto ai grandi, lasciando i miei cuginetti e altri amici da soli a giocare tra un boccone e l'altro.
Mi ricordo inoltre che io gli adulti li ascoltavo volentieri senza che necessariamente si rivolgessero a me, anzi sperando che facessero finta, parlando come se io non ci fossi, e conversassero tranquillamente senza tema di perturbarmi. Quando accadeva, non facevo il rompicoglioni come solitamente fanno molti bambini d'oggi che reclamano in continuazione attenzione e ascolto: no, io stavo zitto, quasi mi nascondevo tra gambe che parevano alberi, e lasciavo che il flusso delle loro storie mi trasportasse in un mondo di fatti che ancora non mi apparteneva ma al quale volevo, chissà per quale ragione, accedere. Per i segreti, forse?
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