«- Il lettore
era in abiti militari: stava salutando la moglie, che piangeva.
- Il lettore
si stava imbarcando su di un aereo militare.
- Dall'aereo
si staccava una ghirlanda di paracadute.
- Il
lettore, col mitra puntato verso il basso, stava prendendo terra.
- Il lettore
era atterrato in una pianura buia: stava dietro un masso, in agguato.
- Il lettore
era stato colpito: una macchia nera si allargava sotto di lui.
- Una rozza
croce di legno su di un tumulo di terra.
- Questa...
questa è la guerra, non è vero? – chiese S. dopo un attimo di
silenzio. G., molto imbarazzato, taceva; R. rispose:
- Sì, lo
sappiamo, se ne fa un gran parlare, ma vorrei metterla in guardia
contro certi luoghi comuni. Prima di tutto, lo tenga presente, non è
affatto dimostrato che la guerra sia radicata nella specie umana,
che sia scritta nel destino di tutti i paesi, di tutte le epoche e di
tutti gli individui. Proprio in questo periodo stiamo sperimentando
un piano di pace molto ben congegnato, fondato sull'equilibrio delle
paure e dei potenziali aggressivi: ebbene, funziona ormai da
venticinque anni in modo tutto sommato abbastanza soddisfacente,
abbiamo avuto soltanto una mezza dozzina di guerrette periferiche.
Non si era mai visto nulla del genere da molti secoli […] la
seconda età dell'oro potrebbe essere già incominciata, in silenzio,
furtivamente. Poi vorrei ricordarle che non sempre la guerra è un
male, ossia un male per tutti. Abbiamo saputo di vari nostri clienti
che hanno superato l'ultimo conflitto non solo in buona salute e senza
danni, ma guadagnandoci sopra parecchi quattrini».
Primo Levi, Vizio di
forma, Einaudi, Torino 1971
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