Mi trovo alle prese, ma senza corrente mi attacco al cazzo. Qualcuno, che passa velocemente accanto, mi chiede se sono pazzo. Un altro, invece meno veloce, domanda se ho da accendere. Un altro ancora fa finta di niente, finalmente.
Riprendo il cammino, anzi corro finché, paonazzo, mi fermo a una panchina. Mi lego una scarpa, anzi due; fo il verso a una gazza che a razzo scappa impaurita neanche potessi rubarle il mestiere del volo. Mi sento me stesso, finalmente corretto, in postura. L'aria fresca d'ottobre conviene alla camminata, alla corsa nei parchi, coi pollini stanchi, come i miei spermatozoi in vista dell'inverno.
Dal fondo delle campagne, un signore somigliante a Mario Luzi nei suoi ultimi giorni desideranti, mi dice che il tempo che scorre è più vero di quello che fintamente si ferma a cogliere attimi. Una palla mi fuoriesce dalle mutande, forse è il caso di comprare abbigliamento tecnico per il running? Meno male ho PayPal (leggasi: peipalle) che sostiene la mia propensione al consumo.
E così, mentre il padrone del suddetto sogna viaggi su Marte in autovettura, io mi faccio le seghe mentali e riprendo il cammino come Roberto Walser ne La passeggiata.
Oh, se potessimo tutti essere felici d'essere come lo scrittore svizzero in quel momento di camminante!
Finalmente mi viene «incontro una donna dall'aspetto di spagnola, di peruviana o di creola che ostenta non so quale pallida e appassita maestà», comunque sufficiente per far rientrare la fuoriuscita, gonfiare il petto a galletto mugellese, nell'attesa gioiosa di aver corrisposto mezzo sorriso al mio intero già inviato. Ma niente. Comunque: meglio un sorriso caduto nel vuoto, che un 'fanculo spedito via aerea.
E così ci siamo, questa è la pista, la strada che viaggia lungo la corsa dell'Arno, osservando tratti di fiume mai visti, dove il verde smeraldo del muschio attaccato ai ciottoli sommersi nell'acqua ridipinge il colore degli occhi di tutti i passanti. E il sole cala - e fa bene, negli attimi in cui conta ancora qualcosa vivere nell'emisfero boreale.
6 commenti:
PASSO E OGNI TANTO TI LEGGO
CERTO SE UNO ESCE E VA A FARSI UNA PASSEGGIATA PER LA PROPRIA CITTà E GLI VENGONO LE PATURNIE CHE VENGONO A TE è MEGLIO STARSENE A CASA. LA PASSEGGIATA PORTA MALE
Gentile Anonimo,
grazie per passare di qua ogni tanto, leggermi e - talvolta - pure commentare liberamente usando lo stampatello maiuscolo, presumibilmente di un tablet o di un pc windows dove per trovare le vocali maiuscole accentate (À È É Ì Ò Ù) occorre una laurea in ingegneria.
Sappi tuttavia che nessuna paturnia mi colse, ch'è bello sia starsene a casa che uscire: i miei sono - mi sia concesso un moto di presunzione letteraria - meri esercizi di stile.
Infine, che "La passeggiata" di Walser (dall'articolo determinativo presumo ti riferisca a essa) porti male è una sciocchezza piuttosto rilevante, dato che tale racconto è un capolavoro assoluto.
se il mio commento scherzoso ti ha offeso me ne dispiace e ti chiedo scusa ora non uso le maiuscole perché ho l'impressione che ti stiano antipatiche compreso la laurea in ingegneria per usare quelle con l'accento, usiamo venire qui con 2 sentimenti diversi, a te piace scrivere ciò che ti passa per la mente e a me che sono troppo curioso mi piace sapere ogni volta quando mi va cosa hai voluto scrivere ma da parte mia è lontano il desiderio di mancarti di rispetto non sono un soggetto del genere e se hai pensato questo hai fatto bene a farmelo capire così ho chiarito il concetto
No, non mi hai offeso, affatto. Anzi, mi hai divertito e permesso di concedermi in un chiarimento letterario. Quindi non scusarti (e riguardo alla tastiera è un inconveniente quando uso appunto Windows)
meno ti conforta la musa, più le tue cose sono divertenti, almeno per me
grazie caro Zittito
Posta un commento