venerdì 20 giugno 2008
La distruzione dell'intirizzito
Via via che crescevano il suo potere e la sua fama, aumentava - nella mia fantasia - la durezza del castigo che avrei voluto infliggergli. Quindi, dapprima mi sarei accontentato di una sconfitta elettorale e di un rafffredamento del favore popolare. In seguito esigevo che venisse imprigionato; poi esiliato in un'isola remota, un'isoletta piatta con un'unica palma, la quale, simile a un asterisco, stesse a indicare il fondo di un inferno fatto di solitudine, vergogna e disperazione. Oggi, alfine, nulla tranne la sua morte mi potrebbe soddisfare.
Al pari di quei grafici che illustrano la sua ascesa, indicando il numero crescente dei suoi seguaci mediante una sagoma che si fa via via più grande e infine enorme, così il mio odio per lui - a braccia conserte, come quella sua immagine - ingigantisce minacciosamente nello spazio che è l'anima mia, fino a riempirlo quasi per intero, lasciando a me soltanto un ristretto bordo di luce ricurva (più simile a un alone di follia che a un'aureola di martirio) in attesa che l'eclissi si faccia, com'io prevedo, totale.
Vladimir Nabokov, La distruzione dei tiranni, Guanda, Parma 1990, pag. 11
Questo racconto fu scritto da Nabokov nel 1938. Nella presentazione, l'Autore dichiara che "Hitler, Lenin e Stalin si contendono il trono del tiranno di questo mio racconto". Noi italiani potremmo aggiungere anche qualcun altro alla lista.
Consiglio vivamente questa lettura; appena torno dalle brevi vacanze, comunque, provvederò a postare altri superbi passi del mio caro grande Vladimiro
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