lunedì 18 agosto 2008

Allora comincerò


Nicolas Poussin, Paesaggio con uomo ucciso da un serpente, Londra, National Gallery

Allora comincerò come mai fosse stata mattina
prima di questa. Mattina che annunziano
bella su tutta Europa e che scalda di raggi
la guancia e questa pagina. Comincerò
una composizione che ignoro. Anime sante,
poeti e parenti, onorati e inonorati, voi
che le catene avete solo in sogno spezzate
(e sempre piangendo di averle spezzate ma
solo in sogno) monumenti venerabili e amati
e voi, nonni e antenati, rattrappiti nei colombari
che aveste il tempo della vita intero
per domandarvi che cosa mai fosse perché
voi e perché non voi e le bestie perché
e perché il sogno spaventoso dello scuoiato,
voi tutte queste sillabe aiutatele
che accecato un nipote compone
prima della sua fine
con quelle imprendendo già tronca un'azione
come chi per incerto cielo parte
e seppure confidi che gli aerei furiosi
alla scala casalinga vorranno restituirlo,
può trapassarlo il fuoco, precipitare urlando
e tutta lasciare in disordine la sua stanza sbalordita. E ancora:
il clamoroso parlare, la lingua sonora
degli italiani non potrà aiutarmi.
Da quanti anni sappiamo, no? che una rosa
non è una rosa, che un'acqua non è un'acqua,
che parola rimanda a parola e ogni cosa
a un'altra cosa, egualmente estranee al vero?
Bravi filosofi, menti necessarie e voi quanti
negli istituti di ricerca del mondo poderoso
ai mattini d'inverno dopo l'ora di tennis
fissate i tabulati, le analisi, le statistiche lucenti
la cultura dei batteri, il restauro degli argenti,
ah nulla potete insegnarmi
che io già non sappia, anche parlaste ore e ore.
Non è onnipotenza questa mia, è pianto di rabbia.
Neanche per la mia ignoranza domando scusa,
non c'è né colpa né scusa.
Almeno una immagine, una visione sabbatica,
queste cadenze miserabili animasse!
Ma no, senza conoscenza né buona coscienza,
senza teologia, senza arte manuale
e nemmeno poesia, sebbene più ilare
che triste, più ansioso che sazio, più indistruttibile,
anche nella stanchezza di tutto il vissuto secolo,
mi avvio veloce verso il mio rancore.
E chi aprirà i vecchi miei lessici e legga
le carte soffiando via la polvere, almeno
abbia un giusto scuotere del capo, il capo alzi, guardi
se la mattina è acuta, esca.

Franco Fortini, Paesaggio con serpente, Poesie 1973-1983, Einaudi, Torino, 1984, pag. 102-3

N.B.
Leggere a voce alta la mattina appena alzati, prima di colazione, volgendo lo sguardo in direzione di Strasburgo.

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