sabato 2 agosto 2008
Il kuce
Le care donne colsero così il salubre respiro del marito o del confidente, con il pensiero al kuce. Nel gioco pareva loro che fosse il kuce a governarle. Il kuce, il kuce in pelle e in siringa di Zefirino. Quel forte despota era il kuce. Lo Zefirino magrolino e' prestava la materialità dell'amore, ma l'empito vittorioso e' protuberava da Colui "che aveva insegnato agli italiani ad essere uomini", il kuce! detentore de i' barile unico e centrale dello sperma. Come gli orologi elettrici in ogni canto di strade sono mandati e sincronizzati da una centrale modulatrice (secolei per non veduti fili coavvinti), così esso il kuce e soltanto esso il kuce, per tutti i talami e i divani letto e i lettucci e le piazzemezzo e le sponde e le prata dette pratora e i camporelli detti campora d'Italia, era lui vitalizzare messer Mastro Pùngolo alle sue sfruconanti bisogne, alle più efficaci bisogne. E talvolta, bastava il sogno, la imago. Le più pazze, le più prese dalla imago, non bisognavano marito, né ganzo, né drudo. Checché. Gli bastava la Idea, la Idea sola della Patria, e del kuce. Gli bastava imaginare il kuce nell'atto di salvar la Patria per sentirsi salvate e pregne anche loro in compagnia della Patria. Una di codeste pazze riuscì a fare un figlio: col ritratto del kuce. Ed ebbe il pupo, al nascere, le quadrate mascelle del Mascellone, tanto che lo ricovrarono al Cottolengo. Dove il mostriciattolo pisciò, cioccolattò, crebbe e proferì apoftegmi: in tutto simili a quelli del Padre.
Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo, Garzanti, Milano, 1990, pagg. 63-64.
(N.B. Chi fosse interessato a leggere i primi tre capitoli di questo formidabile libro può velocemente reperirli qui)
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