Mi fermo a pensare e mi dico
costantemente attenzione
alla fuga possibile: il varco è aperto,
lo sprone c'è.
E tuttavia preferire il certo
è meglio che ferire l'incerto.
Resto, resisto per non dar credito,
troppo credito al vento, all'inflazione
del mio cinque per cento
di vissutezza.
Lascio soffiare la brezza,
ascolto la voce, apro la giacca a rondone
e volo saliscendendo tra erba e cielo,
disegno tra nuvole sparse una croce
come un ritmo, una nota a margine, un punto
una sottolineatura. E trovo un porto
nei bassifondi di quella che un tempo
avrei chiamato anima,
o amica o presenza o sentore,
come se qualcosa sussistesse oltre i propri neuroni,
oltre lo specchio che mi riflette diverso
da come mi vedi.
Vedi alla voce: amore, coglioni, ho perso.
Nessun commento:
Posta un commento