domenica 22 marzo 2009

Uno strumento umano



Bello il ricordo che Franco Loi dedica oggi, sulle pagine della Domenica del Sole 24 ore, a Vittorio Sereni. Bello e, oserei dire, quasi struggente se confrontato al panorama poetico italiano (europeo) odierno e al triste pensiero che intellettuali di tale spessore un tempo avevano ruoli di comando dentro la più importante casa editrice italiana.

«Prima di essere assunto, ebbi un colloquio con Vittorio [...] Parlammo di cultura e di nostre letture. Ma a un certo punto lui mi chiese: "Si occupa anche di poesia?". "No", dissi imbarazzato. "Meglio così", mi tranquillizzò sorridendo. Il suo commento era riferito alla vanità letteraria dei versificatori, e sono d'accordo ancora con Silvia [la figlia di Sereni], quando precisa che per suo padre "la poesia era una forma di ricerca di verità", non un gioco letterario o, tantomeno, un mezzo di notorietà».

La poesia come forma, come strumento di ricerca di verità. Qualunque essa sia la verità. La poesia come smascheramento, come ignudamento: luce flebile puntata verso le stelle, invano, ma non importa. Tentativo di balbettare qualcosa di vero di sé, degli altri, del mondo. Balbo parlare per chi lo produce, pura sinfonia e armonia per chi la ascolta, per chi la dice sottovoce dentro un bosco, su una strada ai margini d'Europa. La poesia è la bussola, è lo Zenit e il Nadir. Bisogna essere felici: i poeti sono esistiti e abitano ancora tra noi: apriamo le loro pagine e facciamo volare le loro parole.

VIAGGIO DI ANDATA E RITORNO

Andrò a ritroso della nostra corsa
di poco fa

che tanto bella mai ti sorprese la luna.
Mi resta una città prossima al sonno
di prima primavera.
O fuoco che ora tu sei

dileguante, o ceneri confuse

di campagna che annotta e si sfa,
o strido che sgretola l'aria

e insieme divide il mio cuore.

Vittorio Sereni, Gli strumenti umani.

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