Adesso si è messo un po' in disparte, fa lo statista, il serioso, ripiglia fiato, si ricarica per ricomparire, pronto per tuffarsi nell'arena elettorale. Ogni tanto cerca di smorzare i toni con delle battutine del cazzo, buone per muovere il riso degli stolti e degli scotti. Che rivinca non sarebbe una sorpresa, nemmeno che stravinca e riconfermi il suo gradimento verso gli italiani. Ma io mi chiedo, soprattutto: quando tutto questo sarà finito (perché un giorno finirà, vero?) come si comporteranno gli storici, i letterati, i pittori, i cineasti? Quale traccia resterà, quale vulgata? Quale sarà il giudizio obiettivo, serio, storiografico accertato di questi anni in cui la «la coscienza tragica è stranamente impedita, e dunque la tragedia imperversa affatto cruda e incondita, essendole negata la simbolica liberazione»* artistica? I nostri posteri rideranno di noi? O piangeranno come io piango quando leggo dell'ascesa al potere di Mussolini, della fine della democrazia, del Concordato, del ventennio (clerico)-fascista, delle leggi razziali eccetera? So solo che io mi vergogno di questo stato di cose, e mi sento in parte responsabile perché impotente.
*Giorgio Manganelli, Introduzione a Ennio Flaiano, Frasario essenziale, Bompiani, Milano 1986
*Giorgio Manganelli, Introduzione a Ennio Flaiano, Frasario essenziale, Bompiani, Milano 1986
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