martedì 9 giugno 2009

Scrivere sull'acqua


Sopra Le Philosophe lisant di Jean-Baptiste-Siméon Chardin (Musée du Louvre, Paris)

Sono qui e cito. Sono qui e mi rifugio nei pensieri, nelle parole degli altri. Ma perché non fuggo da questa costrizione, perché non mi tuffo in questa impellente primavera in cerca di un pensiero, di una parola autentica, di una parola mia che sia esente dal lampo del già detto, dalle formule icastiche che mi visitano e a cui do voce? Questo pensavo stasera, camminando col cane fuori nei dintorni. Poi, d'improvviso, ho sentito sopra me uno svolazzìo attutito di pipistrello; ne ho osservato quindi il volteggio. Erano in due, nel crepuscolo. I pipistrelli, in realtà, non c'entrano nulla. Rientro in casa, prendo un libro a caso, Nessuna passione spenta, di George Steiner (Garzanti, 1997). Sfoglio e trovo tre versi, fulminanti, di un poeta americano, Ben Belitt tratti dalla sua poesia This Scribe, My Hand

«All is precarious. A maniac
waits on the streets. Nobody listens. What

must I do? I am writing on water.»


«[Tutto è precario. Un maniaco
aspetta nelle strade. Nessuno ascolta. Cosa
debbo fare? Scrivo sull'acqua.]»

Scrivere sull'acqua mi richiama subito alla mente Gesù mentre scriveva sulla sabbia quando tentavano di lapidare una prostituta. Scrivere sull'acqua, scrivere sulla sabbia. Io scrivo qui, lo mando in onda e mi metto all'angolo della strada indossando un classico impermeabile: sotto, la mia anima messa a nudo. Ecco chi è in realtà il maniaco, l'esibizionista. Fino a che punto però potrò essere sincero con me stesso e aprire del tutto il paletot?

Getto lo sguardo sulla pagina successiva e leggo una mia sottolineatura: «lo slogan radicale degli studenti sessantottini dell'università di Francoforte: "Aboliamo le citazioni"».
Cazzo, dovrei abolire il blog, dovrei abolire me stesso.

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