«Che il corso delle cose sia proceduto "dal mito al logos" è una costruzione, oltre che falsa, pericolosa, perché ci induce a credere che in qualche punto nella lontananza del passato sia stato compiuto l'irreversibile balzo in avanti in seguito al quale qualcosa fu definitivamente ricacciato dietro di noi, mentre per il futuro restavano da fare solo passi in avanti»*.
Guardiamo il mondo, guardiamo noi. Se ipotizzassimo (impropriamente) un derby tra le due entità mito e logos, chi sarebbe in vantaggio in questa interminabile partita? Il mito, il nascondimento, abita ancora la nostra realtà. Non tutto è decifrabile, poco prevedibile. Gli sguardi umani sono ancora troppo protesi verso un cielo che abbiamo ripopolato di nuovi dèi. E questi dèi odierni sono ancora più temibili e subdoli, giacché più che esigere un'adorazione incondizionata vogliono che li si imiti. "Fate come noi, siate noi" - gridano, e tutti a correre dietro i loro stessi desideri ingaggiando una corsa sfrenata per salire sul loro scranno. Anche chi cerca di resistere stoicamente mettendone in risalto i difetti non fa che amplificare la loro potenza, la loro indubbia superiorità. La critica, spesso (ma non sempre), diventa un alleato inconsapevole di questo nuovo pantheon.
Occorre allora un nuovo gesto prometeico che smascheri definitivamente l'inganno dell'imitazione e del risentimento (le due facce della stessa medaglia): un gesto che spenga la falsa luce che fa brillare questi nuovi miti. Ogni volta che un uomo si erge a dio di un altro uomo, il logos svanisce dietro l'orizzonte. E il tramonto della ragione... li ha già generati, i mostri.
*Hans Blumenberg, Elaborazione del mito, Il Mulino, Bologna 1991 (pag. 52)
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