domenica 2 agosto 2009

La vetta dell'albero

Stasera ci vedremo. Ci diremo
parole che potrebbero portarci
per sempre lontani da noi. Ma anche è possibile
che dopo il sonno o dopo molti sonni
si venga a una notte chiarissima, a un'altra
giornata da intraprendere.
E ora mi chiedo
dov'è la forza che prego per noi.

Se tra i miei occhi alla radice della fronte
o sotto lo sterno dove il sussulto si ostìna
o nella vetta dell'albero che spia la pioggia
o in te che patisci sulle piccole spalle

il peso del dio senza conoscerlo

4 giugno 1981

Franco Fortini, Paesaggio con serpente, Einaudi, Torino 1984

A volte mi chiedo quale forza faccia sì che io continui questo esercizio. Perché una forza, come una spinta, c'è, la percepisco. Non amo troppo, si sarà capito, far di questo blog il luogo deputato delle proprie confessioni, di una scrittura diaristica privata. Anche, e soprattutto, perché se mi guardo dentro scorgo spesso il vuoto, ma il vuoto non lo voglio perché io non sono io, io sono ciò che leggo. Vivo, forse al 5% (come diceva Montale), ma non è questo il punto. Il punto è ricollegarsi alle vite altrui, agli altri 5% per cento che hanno lasciato e lasciano una traccia, un segno, un senso. Leggo forte allora questa poesia. E la confusione che stasera mi annebbiava sparisce d'incanto. Perché mi sono detto parole che mi hanno portato lontano, lontano da me. Tra l'altro, ma questo è un caso, stasera è spiovuto e dagli alberi intorno sgoccialano gocce tiepide. La luna lumeggia: che la notte sia chiarissima.