«Io credo, sinceramente credo, che non c'è miglior via per arrivare a scrivere sul serio che di scribacchiare giornalmente. Si deve tentare di portare a galla dall'imo del proprio essere, ogni giorno un suono, un accento, un residuo fossile o vegetale di qualche cosa che non sia il o non sia puro pensiero, che sia o non sia sentimento, ma bizzarria, rimpianto, un dolore, qualche cosa di sincero, anatomizzato, e tutto e non di più. Altrimenti facilmente si cade - il giorno in cui si crede d'esser autorizzati di prender la penna - in luoghi comuni o si travia quel luogo proprio che non fu a sufficienza disaminato. Insomma fuori della penna non c'è salvezza».
Italo Svevo, Zeno, a cura di Mario Lavagetto, Einaudi, Torino 1987
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