«Il sentimento che noi proviamo non si chiama rancore, ma orrore: orrore insormontabile di ciò che è accaduto, orrore dei fanatici che hanno perpetrato questa cosa, degli amorfi che l'hanno accettata, e degli indifferenti che l'hanno già dimenticata. Questo è il nostro “risentimento”. Perché il “risentimento” può essere anche il sentimento rinnovato e intensamente vissuto della cosa inespiabile; esso protesta contro un'amnistia morale che non è altro che una vergognosa amnistia; custodisce la fiamma sacra dell'inquietudine e della fedeltà alle cose invisibili. L'oblio sarebbe un grave insulto nei confronti di coloro che sono morti nei campi, e la cui cenere è mescolata per sempre con la terra; sarebbe una mancanza di serietà e di dignità, una vergognosa frivolezza. Sì, il ricordo di ciò che è accaduto è in noi indelebile, indelebile come il tatuaggio che i reduci dai campi portano ancora sul braccio. Ogni primavera gli alberi fioriscono ad Auschwitz, come dappertutto; perché l'erba non è stanca di crescere in queste campagne maledette; la primavera non distingue fra i nostri giardini e questi luoghi di inesprimibile miseria. Oggi, quando i sofisti ci raccomandano l'oblio, noi mostreremo con forza il nostro muto e impotente orrore davanti ai cani dell'odio; penseremo intensamente all'agonia dei deportati senza sepoltura e dei bambini che non sono tornati. Perché questa agonia durerà fino alla fine del mondo».
Vladimir Jankélévitch, Perdonare?, La Giuntina, Firenze 1987
1 commento:
Grazie per essere un'indispensabile "google" vivente!
Si', il mio sentimento principale e' orrore, e subito dopo viene la difficolta' di capire. Non sono abituato a non capire.
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