giovedì 8 dicembre 2011

La poltrona di Palazzo Chigi


Nel trentanove, ultima annata buona,
nel cuoio antico della sua poltrona,
Ciano a Palazzo Chigi aveva inciso
col temperino un profetico avviso:
«Attenti al culo». Vi sedé Guariglia:
la frase parve adatta a meraviglia.
Quando v'andò a sedere Giovannino
quel nome a quella frase andò a pallino.
Poi vi sedé l'Alcide, e il «cul» rimase.
Andò Pietro a seder su quella frase:
col «cul» di Ciano combaciò a puntino.
Poi v'andò Carlo, Conte palatino.
E non s'accorse del fatale andazzo
che ancor regna in quel nobile palazzo:
egli pure sedé sul «cul» di Ciano.
Non bada al cul la Storia: e non è strano
che il Conte Carlo, in storia patria dotto,
al cul non badi e non ne faccia motto.

Curzio Malaparte, L'arcitaliano, Vallecchi, Firenze 1963

[... aggiunta spuria]

E dopo tanti anni, a un certo punto,
su quel «cul» sedé a lungo un “unto”
che prese per il culo il popol tutto
pensando ai cazzi suoi proprio di brutto.
Lasciò l'Italia in mano a un professore
che subito s'è avvisto di tale scempio
e al posto di «cul» ci vuole scriver «cuore»
rinunciando allo stipendio, per esempio.
Ma le soluzioni proposte sono dure:
per il popolo è sempre lo stesso andazzo.
Allora, tra tante parole assai impure,
tanto val che accanto a «cul» ci scrivan «cazzo».

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