lunedì 26 novembre 2012

Ogni tanto mi sento


Ogni tanto
dall'io mi affranco
mi avvalgo
di questa facoltà
e scendo sotto cattedra
per non spiegare
agli altri le ali
del sono.
Ogni tanto
dimentico cosa
voglia dire essere
uomo – e
mi pento
di questa dimenticanza
di cui posso essere
accusato.
Ogni tanto
disperdo il fiato
parlando nel vuoto
di uno schermo
cristallizzato.
La voce è sì bassa che appena
si sente la pena
una certa finta fatica
una certa voglia di. Stop.
Troppe effe di fila,
Ogni tanto
lascio spazio al pianto
mi commuovo con niente
e sento salire il presente
disagio di essere perso
nel tempo.
Non trovo altro scopo
che non averne
perché avere il rimpianto
dell'inazione
è meglio che avere il rimorso
della persecuzione.
Ogni tanto
ci penso a questo blocco
di vita sospesa
e mi accuso e mi metto
in attesa
spalle al muro.
Mi diverto a fare la spia
a me stesso
per vedere se mi stano.
Ogni tanto
provo a fare il puttano:
cinquantamila euro
per non fare un cazzo -
sarei tanto un bravo
ragazzo col trucco
e il parrucco.
Ogni tanto
di stucco mi dico:
pensa se fossi figlio 
di un ciarrapico
come sarei messo
fascista e depresso.
E invece
non riesco a essere figlio
non riesco a essere padre
non riesco a uscire da qui
perché qui sto bene
è così - da questo consorzio
di umani imperfetti
non prendo divorzio.
Ogni tanto 
immagino quanta
porzione di vita manca
da essere consumata;
ma non mi concentro:
mi tocco, dentro
unendo tra cuore
e ombelico una mano -
e mi sento.

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