lunedì 2 dicembre 2013

Guido, i' vorrei che tu e Lapa ed io

I.
Non è facile contribuire tutti i giorni a far crescere di un milligrammo il Pil della letteratura, della filosofia, del niente. Eppure qualcosa si muove, le antologie si stanno preparando, coi loro apparati critici, ad accogliere le minute note di coloro che si ostinano a esprimersi senza costrutto e spessore, senza obiettivo diverso da quello del principio di contraddizione.
Manca qualcosa, ma non ve lo dico. Troppo facile scoprire le carte dello scopone scientifico o della marianna puttana dichiarata a fiori. Fioriscono i ricordi e le associazioni a delinquere senza finalità eversive. Tanto se ti metti a fare l'eversore è probabile che finisci in carcere più facilmente che a fare l'evasore. In altri termini, è meno rischioso scrivere di evasioni che di eversioni. Le cospirazioni poi non ne parliamo: quelle pubbliche, tra l'altro, sono una contraddizione in termini, vero Beppino, vero Gianrobertino?

II.
Le mie versioni sono tante, troppe; più che versioni sono lanci di lenza e chi abbocca stia tranquillo: tolto l'amo, lo ributto a mare, ché questo contenitore non è un acquario, fatico persino a contenere me stesso, figuriamoci chi ha la ventura o il buoncuore di transitarvi. Ma scrivere mi piace, tanto quanto piace andare a pescare ai personaggi di Carver. Ai miei personaggi, invece, non piace fare niente, sono fannulloni, stanno tutti chiusi dentro nel bozzolo delle loro vite inespresse, e non sognano stupri, omicidi, rapine, divorzi complicati. Se sapessero vivere fuori di me, acquisire una propria autonomia, potrebbero ribaltare i ruoli e, da puparo ipotetico, farmi diventare marionetta fattiva.

III.
Alla coop c'era il burro in offerta e il culo no. Al banco gastronomia, mentre aspettavo il mio turno, due giovani signore commentavano una canzone di Laura Pausini, credo dell'ultimo album. Una ha domandato all'altra se erano passati i due anni di meno-pausa che la cantante si era presa, e l'altra ha risposto che sì, che a febbraio ha avuto persino una bambina che ha chiamato Paola. Ha ripreso il nome del padre, compagno della Pausini, che si chiama Paolo? ha domandato l'una. No, ha risposto l'altra, hanno scelto tal nome perché unisce le prime sillabe dei nomi di lui e di lei. Pao-La.
Intanto al banco hanno chiamato l'81, il mio numero. Ho chiesto se mi facevano un etto e mezzo di me a fette sottili e non se ne parli più.

IV.
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