sabato 14 gennaio 2017

Il messo (19)


«Son due ore e mezzo che ci penso e ancora non ho scritto niente, perché non riesco affatto a immaginare quello che mi ci vorrebbe per essere felice. Mi sa che ci sono: per essere felice non ci vuole niente, la felicità non è dentro una cosa o una persona, felice è essere felice, tautologia pura. La felicità è uno stato, una condizione che non è favorita da qualcosa di altro da sé: la felicità quando c'è, c'è, quali che siano i conforti, i piaceri, le persone accanto. Per parafrasare Tolstoj, ci sono migliaia di modi per essere infelici, mentre per essere felici ce n'è uno solo: esserlo. Esserlo da soli, oppure in due o in gruppo, è uguale. La felicità non è una circostanza. È una stanza e basta, senza mura o chiavi. O ne sei dentro o ne sei fuori, tutto qui. Forse adesso ci sono, posso tentare la soluzione: la felicità si percepisce, si intuisce, la si sfiora, ci si fa un passo dentro, a volte ci si entra ma poi lei si sposta, fugge, e lo sbaglio più grande è inseguirla. Non si può. È lei che ti viene incontro, di colpo, come un treno, lo stesso treno che magari dopo la riporta via proprio nell'attimo in cui pareva a portata di mano o di bacio. E ti volti per non vedere il treno partire – perché rincresce a tutti veder partire la felicità – e credi che, in effetti, felicità sia partita, ma al contempo avverti una strana sensazione nella schiena, che non è un brivido ma un irraggiamento, una concentrazione simultanea di benessere assoluto che non può durare che un attimo, appunto, giusto dieci passi, il tempo necessario per risalire in auto e cantare Now the radio stutters, snaps to life».

Dopo che ebbe riletto quanto aveva scritto, il messo si ritenne soddisfatto e, per primo, si rimise al tavolo. Dato che tutti gli altri ancora erano impegnati, volle telefonare ai figli per sapere se stavano bene. I due più grandi non risposero. La piccola sì. Stava accompagnando la madre a fare un piercing. «Ti fai un piercing dove?» le chiese. «Non io, pa’, non io: è mamma che se lo vuole fare. Non mi chiedere dove».

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