Mio barlume, mia fortezza
mio stato naturale, mio io
– un io come vorrei che fosse:
un Dio senza certezza
che non conosca le sue mosse
che non abbia niente da ridire.
Mio nitrire
mio sudore, mia tempesta
mia chiusa foresta d'amore.
Mio correre un palio in solitaria
dove non ho bisogno di arrivare primo:
giro intorno a me stesso nell'aria
di gocce piovute da un pino.
Le bevo, mi bevo: si ghiaccia
l'idea che avevo, mi tocco la faccia
la scrivo, la depongo sulla pagina
per farla accarezzare dalle parole.
Vengano i Magi, qui c'è una stella
posata sulla mia testa. È nella vita
che devi cercare la felicità – questa è la pista
tra vita che passa e vita che sta¹
unica strategia d'artista che mescola
acqua sabbia e cemento per edificarsi.
Ma che bella costruzione imponente
con ampi locali, comodi servizi
e vetrine su vetrine per vedere una mente
all'opera, scoprirne emozioni e vizi.
Ed eccolo qua questo io che si getta
grattando al cielo la luce della luna
in una sera di pioggia, con un'ultima sigaretta
e l'asfalto è un lago portafortuna².
¹Verso rubato ai Tempi di Bellosguardo
²Ancora pensando a Mario Monicelli
1 commento:
exit strategy
ha scelto tempo e modo
della sua via di fuga
(quando i giochi sono finiti, c'è qualcosa di più desiderabile di questa scelta liberatoria?)
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