6. If a man wears a crown on his head as he writes, he shall be found out. 7. If a man wears no crown on his head as he writes, he shall deceive no one but himself. | 6. Se un uomo si mette in testa una corona quando scrive, verrà smascherato. 7. Se un uomo non si mette in testa una corona quando scrive, non ingannerà nessuno tranne se stesso¹. |
L'ho sempre pensato: nella propria carta di identità nessuno, nemmeno colui che lo è davvero, ha diritto di dichiararsi poeta. Poeta è solo colui che non dice a se stesso (e agli altri) di esserlo. Poeta è una qualifica vaga: colui che si dichiara poeta è colui che peta “o” vocativi. Sono gli altri, ovvero un certo numero di conoscenti e lettori, a poter qualificare il poeta come tale. Dire: «io sono un poeta» equivale a dare, di se stessi, una falsa identità – come si cercasse di offrire una falsa pista. Oppure si dichiarano poeti solo coloro che ingenuamente credono di esserlo perché hanno scritto i propri pensierini andando spesso a capo con qualche rima sparsa o assonanza (o senza nessuna delle due, unico modo per diventare Ministri della Cultura).
Nessun vero poeta vi dirà mai sono un poeta. Proprio come i mafiosi, sono di poche parole.
Son forse un poeta?
No, certo
(Palazzeschi dixit).
Ma voi direte: perché se uno scrive poesia non è un poeta e invece chi dipinge un quadro è un pittore? Perché la poesia è una forma d'arte colla quale non campa nessuno (ci saranno 10 persone in tutto il pianeta che vivono economicamente di poesia). La poesia è aria, la respiri, ma dopo hai fame, devi andare al supermercato e se paghi con un quadro, anche brutto, con una cornice, anche meno brutta, in qualche modo la cassiera ti lascia passare con la tua spesa; se invece ti presenti con i tuoi assegni del Banco dello Spirito Poetico, chiamano la sicurezza e devi posare l'osso.
Si può dirsi poeti solo in punto di morte; in una sorta di auto-estrema unzione. Alla domanda: «Ehi tu, chi fosti prima di essere qui in attesa di sorella morte?». Il poeta vero, se maschio, si mette una mano laggiù dove volò la sua aquila (se donna, non so, facendo corna) e risponde: – Io fui colui che scrisse versi e che alcuni osarono chiamare poeta».
I poeti veri in vita sono coloro che non sanno di esserlo. I poeti inconsapevoli, o consapevoli che ritenersi tali è un peccato.
Peccato? Cosa c'entra, direte, la nozione di peccato in poesia? Boh, non lo so, m'è venuta in mente questa parola, questa nozione inconsapevolmente.
Ma chi la dà la patente di poeta? Appunto, nessuno. Non esistono esaminatori, giudici poetici. Non esistono scuole di poesia, vero Giulio?
¹Mark Strand, The New Poetry Handbook, da Il futuro non è più quello di una volta, Minimum Fax, Roma 2006, traduzione di Damiano Abeni
2 commenti:
Cos'è, un sogno? No, dico, un briciolo di onestà intellettuale, di sana umiltà (quella che, sola, misura anche il vero talento -laddove esiste-), mi sembrano autentico sogno (ossimoro!)in un panorama letterario e poetico tanto auto-referenziale. Anche il dirsi poeti rivela il desiderio di appartenenza ad una casta...: ma l'uomo non aspira ad altro?
Quanti danni alla Bellezza derivano dal becero mimetismo...
Morena
siamo tutti un po' poeti, ma qualcuno lo è di più...
Rainer Maria Rilke
La Quarta Elegia
[...] Ma noi quando siamo intenti a una cosa,
già ci distrae l’ansia per l’altra. Inimicizia
è quel che ci è prossimo. Forse che gl’innamorati
non s’imbattono sempre in nuove barriere,
l’uno nell’altro,
loro che si erano promessi spazio, avventura e rifugio.
Per la rappresentazione di un attimo,
già si prepara uno sfondo del contrario, penoso,
che noi si possa vedere; perché si è molto chiari
con noi. Ignoriamo il contorno del sentire,
solo ciò che gli dà forma dall’esterno.
Chi non si sedette turbato davanti al sipario
del proprio cuore?
[...]
Traduzione di Maria Grazia Marzot
Rainer Maria Rilke
Elegie duinesi
a cura di Maria Grazia Marzot
introduzione di Rossana Dedola
Crocetti Editore 1999, 2008
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