a
do di fuori non capisco più niente
non
rispondo di me reggetemi se no
rompo
tutto o non so
cosa
farò – tre sillabe
per
forza d'ortografia
per
un accento tenute insieme – ma
inomai
sguscia via
sfascia
il dittongo scatta l'estremità
molla
di trampolino
la
solitaria sillaba innocente
scherzo
nell'aria va
il
verbo màinomai parente
di
un mad inglese (madding) dell'italiano
matto
semplicemente
nei
casi meno gravi una manìa
madre
mattana che strazia d'allegria
sul
mà di màinomai aurorale
uno
che vuole volare
e
sul selciato si spacca il mento
bocca
chiusa senza lamento
in
fondo al vuoto cercato per una futile rosa
matto
è chiamato – e la sorda
dentale
ricorda
che
il verbo fu dopo la cosa
Giovanni Giudici, “Il verbo màinomai”, in Autobiologia, Mondadori,
Milano 1969
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