Sono tornato a casa tardi. C'erano tre cameriere sedute che mi stavano aspettando. Ho chiesto loro cosa volessero. «Servirti», hanno detto. Mi hanno spiazzato. Non ero e non sono preparato a questa eventualità. Sono stato servito, sì, da bambino ricordo, ma erano amorevoli cure parentali durate fino a una certa età, poi basta, ho fatto tutto da solo. Certo, qualcuno o qualcuna ha fatto cose per me, così come anch'io ho fatto cose per altri, ma in uno scambio alla pari, mai da servitore a servito. Quindi non so cosa dire a loro che se stanno lì impalate ad attendere i miei ordini, mani giunte in grembo.
Potrei esordire: «Toglietemi le scarpe», potrebbe essere un bell'inizio, ma vedendo le mie scarpe polverose non me la sono sentita di fargliele toccare a quelle mani così pulite e pudiche.
«Chi vi ha mandato?»
«Ci ha mandate il signor Padrone».
«Come, il signor Padrone manda tre serve a casa a me che predico la ribellione di ogni servo dal suo padrone?»
«È per farle capire quanto è bello essere serviti, e quanto difficile perdere questa abitudine».
«E quanto resterete al mio servizio?».
«Fino al giorno in cui sarà schiavo di questo vizio».
Restano lì, ferme, in attesa proprio di un mio comando. Non so che fare, che dire.
Allora prendo la pentola, metto acqua e accendo il gas. Loro ferme, labbra chiuse. L'acqua bolle, butto la pasta. Scaldo un po' d'olio e aggiungo uno spicchio d'aglio. Loro ferme, mani giunte. Scolo pasta, salto in padella, impiatto.
«Prendete e mangiatene tutte».
Loro ferme. Zitte e ferme.
Ordino: «Portate questi piatti al signor Padrone».
Si alzano, prendono un piatto ciascuna, escono. Nemmeno il cane le segue.
2 commenti:
Grande scelta.
Ed ottimo cane.
Grazie.
Anche da parte del cane
:-)
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