Per questa luce che rimane guardo
le gru di ferro ferme sopra i tegoli
delle case e dico: questo è autunno,
queste ringhiere di ruggine.
Molte volte così sotto la lampada
mentre fuori fa notte sono stato
tremando. Antiche grida odo che gridano
ragazzi, dal pendìo dell'anno.
Che bene, che ritorno o che dolori
volessi allora, non so. Quel che ora
vedo, so: una sera tutta chiusa
di domenica. Una unica sorte.
Sibila per altre stanze nel buio
dal suo fuoco la radio. Viene chi aspetta
con me. Non ho che quella mano stretta
alla mia. Poco a poco quieta.
1950
Franco Fortini, Poesia e errore, Einaudi, Torino 1959.
Una sera tutta chiusa di domenica. Preciso a me. Anzi, io preciso a lui, al Fortini. La sera è chiusa perché è d'attesa. Attesa di che? Attesa di te. Chi è questo te? Me. Per fare che lo aspetti? Perché pare sappia stringere mani, mani che acquietano l'animo. Animo che ora sinceramente non è inquieto.
Ma che parola la quiete. Con la dieresi poi diventa sublime.
Forse perché della fatal quïete / Tu sei l'imago a me sì cara vieni / O sera...
Tout se tient, soprattutto per quel che riguarda la sera.
2 commenti:
Che castello. Ecco una stanza nuova.
Meraviglia. Direi, da tenere ogni sera sul comodino.
Posta un commento