domenica 14 settembre 2014

Che vergogna


Ogni tanto la mente ripesca dal suo mar Caspio questa canzone e la voce mia, altamente stonata, osa pronunciarla a bassa voce, in perfetta solitudine mattutina, magari non guidando come oggi, bensì preparando una veloce bolognese, con la cipolla che giustifica persino le lacrime, che vergogna.

Lo so del mondo e anche del resto
Lo so che tutto va in rovina
Ma di mattina
Quando la gente dorme
Col suo normale malumore
Mi può bastare un niente 
Forse un piccolo bagliore
Un'aria già vissuta
Un paesaggio, che ne so...

Oddio, mi si attacca il soffritto

E sto bene, proprio ora, proprio qui

Cosa significa stare bene? 

Non stare male e vergognarsene un po'.

Perché vergognarsene?

Perché ci sono molti che non stanno bene.

E ti senti in colpa del dolore del mondo?

No, è solo perché, al netto delle disgrazie e delle sventure dovute al caso, mi sento a disagio nei confronti del male dettato dalla malintesa necessità, giacché credo che in essa vi sia un campo d'azione nel quale noi umani potremmo fare qualcosa per diminuire la quantità di male (inteso come ingiustizia, disuguaglianza, mancanza di libertà) diffuso nello spazio tempo in cui viviamo.

Fare qualcosa? Che cosa?

Una logica rivoluzione.

Ti serve uno psicoanalista a te, un lacaniano.

Ho i polpacci troppo magri 

Portagli la bolognese come parcella.

1 commento:

siu ha detto...

dio quant'è bella 'sta canzone, l'avevo dimenticata... (e per l'effetto che mi ha fatto non ho neanche la scusa della cipolla).
Che ci sia qualcosa stamattina, di nuovo, anzi d'antico..? Perchè contemporaneamente:

http://www.simoneperotti.com/wp/2014/09/14/nei-porti/