Mi sveglio nel cuore della notte, ascolto il battito del cuore della notte, sento tun tun: è il battito del cuore della notte. Non riprendo sonno nel cuore della notte, perché il battito del cuore nel cuore della notte mi tiene sveglio con il suo tun tun. Devo distrarmi, dunque devo alzarmi dal letto, orinare (va da sé), bere un bicchier d'acqua (va da sé), e poi? Scrivere? E scriviamo.
Avevo un piano. Poi l'ho inclinato. Sebbene sia rimasto sempre un piano, serve a poco, perché è difficile starvi in piedi. Scivolo. Se almeno avessi una stella o una fede per girarci intorno, potrei fare la mia orbita senza preoccuparmi troppo di uscire dall'eclittica. Mi sa invece che, senza stella e senza fede, alla fine esco dal piano (o il piano esce da me). Me ne sono accorto in questi giorni quando ho prestato il fianco a uno spigolo: che fitta. Ho detto "dio qualcosa", non ricordo bene, ricordo di più il Padre nostro. Ma pure in un'altra occasione - che non c'entra niente con la fede o con una stella - mi sono sentito fuori piano, fuori posto, fuori luogo: quando ho dimostrato, per l'ennesima volta, la mia incapacità di dire, in modo gentile ma determinato, I would prefer not to. Forse dovrei dirlo in italiano, sicuramente mi riesce meglio, magari con un tono più deciso e cazzuto: «Ascolta, ho detto di no, non c'è un motivo particolare perché dico no, non insistere, non mi rompere le palle». Invece cincischio. E tale titubanza fa credere all'interlocutore che io non stia dicendo di no, che in fondo sono una persona disponibile, uno che non si tira indietro - per forza non mi tiro indietro, non vedete che al massimo, con le mani incrociate dietro la schiena, posso tirarmi indietro soltanto la felpa?
E così non mi credono. Il mio no, diventa prima un forse da convincere, poi un sì. E se invece, imperterrito, mantengo il mio no, loro si adirano. E mi parlano al voi. «Siete tutti bravi a tirarvi indietro: lanciate il sasso e poi capite che è un orologio e la mano torna indietro, non lanciate il sasso perché credete sia l'orologio». Un orologio smart di quelli che segnano il battito del cuore (il battito del cuore della notte).
Accidenti: proprio adesso che mi era tornato sonno, ritorna il tun tun del cuore nel cuore della notte.
Non ci capisco più niente, non si dovrebbe scrivere di notte se non si ha un piano, quale che sia, su cui o di cui scrivere; in questo modo, la logica si ribalta, i nessi saltano e i fessi vanno alle conclusioni.
E se mi masturbassi?
Avevo perso un piano: l'ho ritrovato.
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