lunedì 28 luglio 2008

Lo scienziato ha paura



Di fronte allo Stato l'uomo di scienza è oggi inerme, naturalmente sottomesso. Nella storia della scienza moderna non sono segnalati atti eroici. Si confronti Galileo con Bruno, di fronte al pericolo. Già Leonardo serviva i principi, con le sue macchine belliche. Lo scienziato spesso pretende di vivere per la conoscenza. La realtà è più modesta, si tratta della ricerca di un cantuccio in cui sentirsi sicuri, di un atteggiamento difensivo in un individuo di scarsa aggressività. Ormai è tardi per sperare in un rovesciamento delle cose. Agli scienziati moderni non è ancora venuto in mente ciò che era ovvio per gli antichi: che bisogna tacere le conoscenze destinate ai pochi, che le formule e le formulazioni astratte pericolose, capaci di sviluppi fatali, nefaste nelle loro applicazioni, devono essere valutate in anticipo e in tutta la loro portata da chi le ha ritrovate, e di conseguenza devono essere gelosamente nascoste, sottratte alla pubblicità. La scienza greca non raggiunse un grande sviluppo tecnologico perché non volle raggiungerlo. Tacendo, la scienza fa paura allo Stato, e ne è rispettata. Lo Stato può vivere, combattere, potenziarsi solo con i mezzi offertigli dalla cultura: esso lo sa perfettamente. Il capo-tribù dipende visceralmente dallo stregone.

Giorgio Colli, Dopo Nietzsche, Adelphi, Milano, 1974, pag. 55

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