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Stasera ti guardo di sbieco, ti volto
la schiena, ti vedo arrabbiata e serena.
Serena per la litigata, per il torto
sùbito, per il cieco furore intercorso;
per il morso che m'avresti donato
per il vaffa che mi hai rigettato
sul mio vaffa in reciproco scambio
di cortesie coniugali.
Le stanze servono a questo:
a scansarci, a driblarci, a odiarci
per pochi minuti d'intenso furore.
La porta socchiusa mi dice soltanto
che dentro il leone avrebbe ancor fame
di mordere. Oh se cadessero le pareti
e una nuova savana avanzasse
e ritornassimo australopitechi
per camminare scalzi su tiepide ceneri - mano
nella mano. Ma riavvolgere il nastro non si può:
si va avanti, alla cieca, ci guarderemo
sempre di sbieco, per un po'.
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