«"Il problema non è tanto la malvagità dei cattivi quanto il tepore dei buoni", dice Max Frisch.
Dice molto bene: il problema non è forse affatto la malvagità dei cattivi, specie se si pensa alla malvagità contemporanea, affare di Stato, in quanto essa è un fatto di situazione, di un individuo che si lascia prendere in una situazione nella quale poi non potrà che fare il male.
Il problema grave, comunque, è la mediocrità dei cosiddetti buoni, cioè degli indifferenti al bene e al male.
È dall'indifferenza che viene il male moderno, da una mancanza della coscienza di ciò che è male, o dalla sua abolizione per via di un'istanza superiore: lo Stato, la Rivoluzione, la Patria e simili. Male è l'opprimere il debole, ma non è più male se non si crede alla differenza fra oppressione e libertà, fra debole e forte. Male è far soffrire un uomo, ma non è più male se una Causa Superiore esige la sofferenza dei più.
Per ragionare così, tuttavia, bisogna aver accettata la mediocrità come legge, considerare se stesso e gli altri "uomini medi" soggetti a necessità superiore - privi del diritto di giudicare le forze che devastano il mondo.»
Dice molto bene: il problema non è forse affatto la malvagità dei cattivi, specie se si pensa alla malvagità contemporanea, affare di Stato, in quanto essa è un fatto di situazione, di un individuo che si lascia prendere in una situazione nella quale poi non potrà che fare il male.
Il problema grave, comunque, è la mediocrità dei cosiddetti buoni, cioè degli indifferenti al bene e al male.
È dall'indifferenza che viene il male moderno, da una mancanza della coscienza di ciò che è male, o dalla sua abolizione per via di un'istanza superiore: lo Stato, la Rivoluzione, la Patria e simili. Male è l'opprimere il debole, ma non è più male se non si crede alla differenza fra oppressione e libertà, fra debole e forte. Male è far soffrire un uomo, ma non è più male se una Causa Superiore esige la sofferenza dei più.
Per ragionare così, tuttavia, bisogna aver accettata la mediocrità come legge, considerare se stesso e gli altri "uomini medi" soggetti a necessità superiore - privi del diritto di giudicare le forze che devastano il mondo.»
Nicola Chiaromonte, Che cosa rimane - Taccuini 1955-1971, Il Mulino, Bologna 1995.
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