giovedì 19 marzo 2009

Alchimia del verbo


«L'aforisma, se non paradossico, se non ha abbastanza urto, resta tra le muraglie del linguaggio pietrificato, dove la sterminata folla degli umani gira e gira come nell'ora d'aria i prigionieri di Newgate: la farfalla ricade. L'ergastolo linguistico, universale condanna. Dà contentezza di morire il pensiero di non dover più emettere i luoghi comuni quotidiani, di non averne più offeso l'orecchio, di non patire più per lo sconcerto e il disagio che suscitano un poco di ironia, di olio lubrificante d'enigma... Oh magnifico, l'enigma, e il
koan Zen, l'oscurità di un verso, l'anagramma rivelatore, l'oracolo che sorvola e svapora: ti rassicurano, la porta dell'infinito verso cui abbaiamo pieni di sete non è chiusa, non riusciranno a sbarrarne per sempre l'entrata i pretoriani bestiali del finito.
Alchimie du verbe: meravigliosa-meravigliante parola. Partire per non arrivare. Partire per lo scoglio solitario dove non ti seguirà nessuno. Col mio retino ne ho acchiappate, mentre volavano invisibili, appena udibili, alchimie del verbo, benedetta la loro luce di sera, la loro cerchiata fragilità candelare».

Guido Ceronetti, La fragilità del pensare, Rizzoli, Milano 2000.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Beh, che dire... Lusingato, e anche un po' imbarazzato. (E con un libro in più nella wishlist.) :-)