Riflessioni a margine di un post di Malvino.
Ma non era questa la vera essenza della democrazia? Ossia, che un giorno tutti i cittadini fossero stati coscienti del proprio potere, della propria uguaglianza, della propria libertà? E di cosa si lamentano questi piccoli servi del potere se non rimpiangere i bei tempi andati in cui un'aristocrazia pensava e rifletteva mentre il popolo bue foraggiava le loro facezie?
Il punto fondamentale è che, bene o male, e salvo rare eccezioni, chi si prende la briga di riflettere, commentare, argomentare, discutere, fare agorà, ossia essere vero cittadino è cosa sgradita al potere, a qualsiasi potere, dacché tale cittadino ha preso coscienza, è uscito dalla caverna, dalla “stalla” e si vuole individuo, si vuole re di se stesso, unica cosa legittima e auspicata nei vari regimi democratici.
Il problema è semmai che ancora troppo pochi cittadini pensano, argomentano, sfruttano le meraviglie dell'alfabetizzazione. Pochi sanno in fondo che chiunque può essere intellettuale, basta lo voglia. Chimici, fornai, commessi, maestri, macellai, spazzini, cineasti, assessori, muratori, medici, informatici, agricoltori, commercianti, industriali, operai, telefonisti, vigili urbani, disoccupati, poliziotti eccetera eccetera: tutti siamo intellettuali, tutti possiamo prendere coscienza di questa possibilità. Basta volerlo. Non si corre il pericolo di essere “esibizionisti” a cercare di pensare. Ci si può anche permettere di pensare a cazzo: questo richiede comunque uno sforzo maggiore che nell'esibirlo come il nostro cugino bonobo.
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