venerdì 19 giugno 2009

Un'antica professione



«SIGNORA WARREN: ... Per cosa è educata una ragazza rispettabile se non per colpire la fantasia di un uomo ricco e trarre beneficio dal suo denaro sposandolo? [...] Oh! l'ipocrisia di questo mondo mi dà la nausea! Liz e io abbiamo dovuto lavorare e risparmiare e calcolare proprio come le altre persone; altrimenti saremmo povere come qualsiasi altra buona a nulla che beve e sperpera e pensa che la sua buona fortuna durerà in eterno. Io disprezzo quella gente: non ha carattere; e se c'è una cosa che detesto in una donna, è proprio la mancanza di carattere.

VIVIE: Via mamma: francamente! Non credi rientri in ciò che tu chiami carattere di una donna il suo disprezzo per quel sistema di far denaro?

SIGNORA WARREN: Ma certo. A nessuno piace dover lavovare e guadagnare; eppure tutti lo devono fare: Anch'io molte volte ho compianto una povera ragazza, stanca e avvilita, costretta a cercare il piacere a un uomo del quale non importa un accidente... un cretino mezzo ubriaco il quale crede di rendersi gradito quando prende in giro, infastidisce e disgusta una donna, al punto che non esiste denaro che basti a ripagarla di tanta sopportazione. Ma lei deve sopportare le cose sgradevoli e prendere il ruvido col liscio, proprio come l'infermiere di un ospedale o chiunque altro. Non è un lavoro che una donna possa fare per il suo piacere, Dio solo lo sa; ma a sentire i discorsi della gente pia c'è da credere che sia un letto di rose.

VIVIE:
Eppure ritieni che valga la pena di farlo. Rende.

SIGNORA WARREN: Certo che vale la pena per una povera ragazza, se sa resistere alla tentazione, ed è bella e ben guidata e giudiziosa. È molto migliore di qualsiasi altro impiego che le si presenti...
»

George Bernard Shaw, La professione della Signora Warren, Atto II, (1898-1902), Mondadori, Milano 1966.

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