giovedì 29 ottobre 2009

Come diosperi



Mi preparo a fare il baro,
a ingannare me stesso truccando le carte
facendomi perdere, andare sul verde
del prato bagnato di rugiada d'ottobre.
Sono bravo a giocarmi, a farmi rimbalzare come ciliegie
della slot-machine; ma compaio sempre da solo, non sbanco.
Qualcuno mi dica se sbaglio, se vado controcorrente;
mi dica se vivo da vivo o da deficiente,
obnubilato, obliterato, ottenebrato nella mente
dai richiami dello sfacelo occidentale.
Mi giro in vetrine, mi sbrino nei megafrigoriferi da ipermercato,
mi sforno, mi affetto, mi faccio due etti di me stesso.
Mi peso, m'impacco e mi presento svoltato alla tua tavola,
bambina, spero tu abbia appetito.
Son pronto, sono nelle tue mani: adesso addentami,
fammi entrare nella tua bocca
così finalmente parlerai di me.
Masticami lentamente, manducami,
fammi circolare nelle tue vene
quelle stesse tue di un tempo in cui mi abbeveravo
provocandoti dolci salassi.
Prova a dirmi se il mio ricordo è ancora buono
o se sa di benzene; in questo caso sputami,
fa' due passi tra il rosso del cinorrodo
e ricicla quel bene perso nel tempo.
Che qualcuno lo colga anche più tardi,
va bene lo stesso, come fosse un diospero maturo.

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