martedì 20 ottobre 2009

La caduta


*

Rileggere ogni tanto questo mito fondatore è un rilassante esercizio allegorico.
Soprattutto dopo che le ultime mele del pomario prospiciente casa mia sono state colte. Per una mela tutto quel casino. Che Dio irascibile. Come diceva Benigni: «Dio bono! un t'incazzare, e te le pago!». Devo aggiungere che, se Qualcuno stamani mi avesse chiesto: «Dove sei?» non avrei certo avuto paura di essermi presentato nudo dal freddo che faceva.
Infine, se invece di lanciarsi in inutili maledizioni Yahweh avesse pronunciato queste parole sarebbe stato più simpatico.

Godi se il vento ch'entra nel pomario
vi rimena l'ondata della vita:
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie,
orto non era, ma reliquario.

Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell'eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.

Un rovello è di qua dall'erto muro.
Se procedi t'imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.

Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine...¹


¹In limine
. E. Montale, Ossi di seppia.

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