«Questa frase è un sofisma: infatti, se è vera, è essa pura “vanità”, e se invece non lo è, allora quel “tutto” è sbagliato. Lei [l'intervistatore] dice che potrebbe essere il mio motto. Mi chiedo se davvero nella mia narrativa vi sia tanta catastrofe e “frustrazione”. Humbert è frustrato, questo è ovvio; anche altri dei miei “cattivi” sono frustrati; gli Stati di polizia sono orribilmente frustrati nei miei romanzi e nei miei racconti; ma le mie creature predilette, i miei personaggi più fulgidi - nel Dono, in Invito a una decapitazione, in Ada, in Gloria, eccetera - alla lunga escono vittoriosi. In realtà credo che un giorno qualcuno rovescerà il giudizio e proclamerà che, lungi dall'essere stato un frivolo uccello di fuoco, ero un rigido moralista che prendeva a calci il peccato, dava schiaffi alla stupidità, metteva in ridicolo ciò che è volgare e crudele - e attribuiva poteri sovrani alla tenerezza, al talento e alla fierezza».
Vladimir Nabokov, Intransigenze, Adelphi, Milano 1994 (pag. 236-7)
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