giovedì 15 aprile 2010

Della felicità

«È per la felicità come per la verità: non la si ha, ma ci si è. Felicità non è che l'essere circondati, l'esser dentro, come un tempo nel grembo della madre. Ecco perché nessuno che sia felice può sapere di esserlo. Per vedere la felicità, dovrebbe uscirne: e sarebbe come chi è già nato. Chi dice di essere felice mente, in quanto evoca la felicità e pecca contro di essa. Fedele alla felicità è solo chi dice di essere stato felice. Il solo rapporto della coscienza alla felicità è la gratitudine: ed è ciò che costituisce la sua dignità incomparabile».

T.W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino

P.S.
Son quasi sicuro di aver riportato questo brano un paio d'anni fa ma non riesco a ritrovarlo, forse perché non gli avevo messo l'etichetta giusta. Lo riporto, anche perché ripetere fa bene, soprattutto quando ci sono passaggi così sublimi di pensiero.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Interessante questo concetto della felicità declinato al solo passato.

paopasc ha detto...

Chissà se inconsciamente pensavo a quello, mentre scrivevo. Pure, sarà una cosa letta mille anni fa.
Ora noto, mercè tua, che questa descrizione di Adorno, ben si adatta alla relazione tra pensiero e parola:
anche il pensiero lo si può solo essere. Infatti, quando decidi di trasportarlo in parole, verosimilmente qualcosa rimane impigliato a quei rami da cui la nostra realtà verbale è preclusa.