Leggo versi di Sereni
per un amico che morì anni fa. Rammento
quel suo amico e la casa dov'era vissuto.
E quando Sereni ebbe accompagnato
al cimitero del Verano il corpo del suo amico
per l'autostrada oltre l'Appennino ritornò
fissando a uno a uno cinquecento chilometri
riflettendo a poco a poco
verso questa città
che oscilla nei mattini di sole sulle marcite.
Non ho mai capito gli altri né me stesso
ma il modo che ho di sbagliare questo sì. Se mi arriva
una verità è nel mezzo della fronte: è
un'accusa. Ragiono
senza comprendere. Mai sono dove credo [*].
Avrò parlato quel mattino
come l'idiota che so essere. Qualche bava
gaia avrò avuta alle labbra. Qualche sussidio
per la mia giornata fino a notte.
Per arrivare a passi torti fino a notte.
Incredulo Sereni mi guardava offeso. Era seduto
al suo tavolo e negli occhi sanguinosi
gli duravano le grandi costruzioni della propria morte.
La cortesia e la grazia non so bene che siano.
Dentro questo autobus che ci trasferisce c'è tale un urlìo
che non permette di parlare
e nemmeno di tacere umanamente.
Mi è stato fatto non so quando un male.
Una ingiustizia strana e indecifrabile
mi ha reso stolto e forte per sempre.
Leggo i versi di Sereni per Niccolò Gallo
e scrivo ancora una volta parola per parola.
Non tutto allora è vero quello che ho detto sin qui.
Posso anche io intendere chi noi siamo.
Franco Fortini, Paesaggio con serpente (poesie 1973-1983), Einaudi, Torino 1984
[*]
Mi sento ben rappresentato da questa strofa di cinque versi sciolti.
3 commenti:
Se ho capito bene, dal momento che spesso mi capita di prendere la tangente, hai omaggiato critici e poeti componendo, a tua volta, una bellissima poesia.
Hai capito bene, solo che la poesia l'ha scritta Fortini.
;-)
[le poesie non le metto tra virgolette come faccio con ogni citazione, ma indico sempre l'autore e l'opera]
Non male il passaggio che senti sia rappresentativo di te, potrei farlo pure mio in qualsiasi momento, questo è il bello di chi legge. ;)
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